Verso la fine dell’anno, qualcosa cambia nel ritmo delle giornate.
Si avverte un invito a rallentare, a voltarsi indietro, a guardare ciò che è stato con maggiore attenzione.
È un momento sospeso, in cui si può smettere di correre e iniziare ad ascoltare.
C’è chi lo sente come una stanchezza che finalmente chiede di essere accolta, chi invece come un bisogno più sottile di silenzio e di riorientamento. I giorni che accompagnano la chiusura di un ciclo portano con sé una qualità diversa: meno spinta verso l’esterno, più sguardo rivolto all’interno.
Si crea una soglia, uno spazio in cui si può respirare più lentamente, riconoscere quello che è successo, lasciare decantare quello che ancora vibra sotto la superficie.
Non è necessario fare nulla di speciale. Anche una passeggiata senza meta, un momento in cui scrivere o semplicemente guardare il cielo possono aprire strade inattese. In mezzo al rumore delle cose da chiudere e dei bilanci da fare, può diventare prezioso trovare un angolo tranquillo dove ritrovarsi.
Uno sguardo che fa bene
A volte ci si accorge di non essersi fermati per mesi.
Le cose accadono, si affrontano, si superano. Ma non sempre si integrano.
Guardare l’anno trascorso permette di riconoscere i passaggi importanti, anche quelli che si sono vissuti in silenzio.
Ogni passaggio porta con sé un cambiamento.
Concedersi il tempo di guardarlo negli occhi è un modo per entrare in contatto con ciò che si è diventati.


Spunti per la riflessione
La fine dell’anno può diventare un’occasione per prendersi un momento di calma.
Si può scrivere, camminare, restare in ascolto.
Non serve fare tutto subito, né trovare risposte chiare. A volte basta iniziare con una domanda. Uno spunto interessante arriva anche dalla psicologia positiva: secondo il Greater Good Science Center, fermarsi a riflettere sul proprio anno può sostenere il benessere e l’autoconsapevolezza.
Ecco alcune tracce che possono accompagnare questo processo:
🔹 Per guardarsi dentro
• Quali esperienze hanno avuto un impatto su di me?
• In quali situazioni mi sono sentito più vicino a chi sono?
• Cosa ho scoperto di me stesso nei momenti difficili?
🔹 Per rileggere il percorso
• Quali relazioni hanno lasciato un segno?
• Che cosa ha portato leggerezza?
• Quali momenti mi hanno fatto sentire presente?
🔹 Per aprire un nuovo ciclo
• Che qualità desidero coltivare nei prossimi mesi?
• Cosa sento che non mi appartiene più?
• C’è una parola che possa accompagnarmi, con delicatezza, nel nuovo inizio?
Una parola come bussola
Scegliere una parola per il nuovo anno può diventare un piccolo rito personale.
Non come promessa, ma come seme da piantare.
Una parola che tenga compagnia, che richiami ciò che si vuole nutrire con più presenza.
Può essere un valore, un’immagine, una direzione.
Fiducia. Tempo. Cura. Radicamento. Silenzio.
Una sola parola può aprire spazi inattesi.
Lasciare decantare
Non tutto deve essere capito subito.
Ci sono riflessioni che si chiariscono dopo giorni. Altre che restano aperte, e va bene così.
Si può lasciare che qualcosa decanti, come l’inchiostro in una pagina ancora da scrivere.
Il tempo interiore ha un suo ritmo, più lento, più vero.
Quando si dà ascolto a questo ritmo, emergono connessioni sottili.
Cambia il modo in cui si guarda all’anno trascorso, e cambia anche l’energia con cui si attraversa ciò che sta per cominciare.
Una possibilità di presenza
Questo spazio di fine anno è un passaggio.
E ogni passaggio può essere vissuto con attenzione, oppure attraversato in fretta.
Quando si sceglie di restare, anche solo per un attimo, con ciò che c’è, si apre un piccolo varco di consapevolezza.
Quel varco può diventare un punto di partenza.
Un luogo da cui riprendere il cammino con un senso più chiaro, o semplicemente con più quiete.


